Intervista a Niccolò Tortora – Nuova Grosseto Barbanella

Mi chiamo Niccolò e sono una mezzala della squadra Juniores under 19 della Nuova Grosseto Barbanella. La passione per il calcio, come per tanti altri bimbi grossetani, è nata sulla spiaggia di Marina. Da noi, a differenza di altre parti della Toscana, lo spazio di arenile compreso fra la strada e il bagnasciuga è ancora abbastanza lungo, e così, oltre che per gli ombrelloni sulla sabbia, c’è spazio per piazzare due porte da calcetto una vicina all’altra e cominciare a giocare. Quando finisce la scuola e finiscono anche i campionati di calcio, giocare a pallone sulla spiaggia è sempre stato il passatempo preferito.

Rispetto al calcio o al calcetto, il beach soccer è un gioco completamente diverso. Intanto c’è la sensazione particolare di giocare a piedi scalzi, con i tiri di punta che sulla spiaggia sono vietatissimi, altrimenti le dita dei piedi vanno a farsi benedire. Sulla spiaggia rispetto ai campi in terra si prendono tante più pallonate in faccia, sul petto, sulla schiena, nello stomaco… perché il gioco rasoterra praticamente non esiste. E’ tutto un lancio, un’acrobazia e un tirare al volo. Giocare a pallone in spiaggia è una battaglia, fra piedi roventi e sabbia dappertutto, però è anche molto divertente, e dopo ogni partita, che si vinca o che si perda, il finale è sempre un tuffo collettivo in mare col sorriso sulle labbra. Nei campi di calcio sulla spiaggia di Marina di Grosseto c’è sempre una folla di ragazzini che smaniano per entrare in campo e cominciare a giocare: la regola non scritta è sempre stata una; i più grandi hanno la precedenza sui più piccoli. Così ultimamente ho iniziato a usufruire dei benefici di anzianità: io e i miei amici diciottenni non siamo più costretti ad andare a giocare di mattina alzandoci presto dal letto anche se è vacanza. Ora abbiamo il “diritto” di giocare di pomeriggio, nell’ora di punta. Nei vari bagni grossetani si organizzano diversi tornei di calcio in spiaggia, e uno di questi in passato l’ho anche vinto. Poi però, dopo tre mesi, la magia dell’estate finisce e dalla spiaggia si ritorna a giocare sui campi veri della nostra città.

Ho fatto la scuola calcio e i primi anni di settore giovanile nell’Invicta, mentre da due anni mi trovo a giocare nella Nuova Grosseto. L’anno scorso con i miei nuovi compagni ho avuto la fortuna di vincere il primo campionato della mia vita, con una vittoria palpitante all’ultima giornata nello scontro diretto contro la seconda in classifica. Poi sono passato da un estremo all’altro, dal momento più bello al momento più difficile della mia vita calcistica: infatti durante la preparazione estiva nello scorso mese di settembre mi sono infortunato al ginocchio, un infortunio tragicomico visto che mi è successo in allenamento e ho fatto tutto da solo; nel frenare improvvisamente al termine di uno scatto ho messo male la gamba e il piatto tibiale destro ha fatto crac. Non mi sono dovuto operare, ma per tanto tempo sono dovuto rimanere a riposo: l’unico aspetto della mia vita che ci ha guadagnato in questi tre mesi senza calcio è stata la scuola, che ha riempito in questi tempi anche i miei pomeriggi. Al liceo scientifico me la sono sempre cavata bene, a dire la verità, ma in questo primo quadrimestre ho potuto mio malgrado approfondire ancora di più con lo studio…. La mia stagione calcistica invece non è ancora cominciata: però sto seguendo i miei compagni con passione, seppure da bordo campo, e oggi ho una visita di controllo dove forse riceverò il via libera per tornare finalmente a disposizione del mister e buttarmi anch’io nella mischia a caccia della salvezza nel campionato regionale.

Quest’esperienza della lunga convalescenza da un infortunio mi ha fatto capire quanto conta il sostegno di chi ti vuole bene in un momento di difficoltà. Quel sostegno a livello morale che nel nostro piccolo stiamo provando a offrire noi juniores della Nuova Grosseto ai pazienti che si recano alla sede dell’associazione La Farfalla per sottoporsi alla terapia del dolore. Alla Farfalla siamo andati con la squadra al completo, compresi allenatore e presidente, per brindare al nuovo anno insieme ai nostri nuovi amici che si prendono cura dei malati oncologici. Io però, insieme al mio compagno di squadra Davide, ero arrivato con un’ora di anticipo rispetto al resto del gruppo, per fare compagnia a Ida, una nonna di 80 anni che per un’oretta si è fatta fare una specie di solletico magico da una macchina chiamata Scramble: un dispositivo che tramite due elettrodi collegati a due parti del corpo riesce a deviare il dolore in un “vicolo cieco” senza farlo arrivare al cervello. Ida, accompagnata da sua figlia, mentre faceva la terapia ci ha raccontato dei suoi dolori alla cervicale e alla schiena che non la fanno dormire e che le impediscono di rilassarsi e di concentrarsi su qualcosa di bello e di diverso rispetto alle fitte ricorrenti di cui soffre. Ida ci ha raccontato che grazie alla Farfalla questa seduta alla macchina Scramble è possibile farla in tempi brevi e gratuitamente (“anche se io un’offerta all’associazione la lascerò volentieri”, ha precisato). La figlia di Ida invece ci ha incoraggiato a continuare in queste nostre finestre di compagnia che il lunedì pomeriggio regaliamo alle persone malate: “Io ho passato 8 mesi in ospedale, quando avevo 29 anni, riuscendo per fortuna a guarire grazie a un trapianto di midollo osseo. In quella esperienza mi sono resa conto di quanto bisogno ci sia di persone come voi, che pur non essendo dottori né infermieri fanno compagnia a chi è in cura, regalando un po’ di distrazione positiva e trasmettendo un messaggio di fiducia nei pazienti che hanno davanti. Il volontariato nei luoghi di cura è sempre importantissimo, ma quando è fatto da ragazzi giovani come voi è ancora più prezioso: con la vostra presenza illuminate il futuro di speranza, dimostrandoci che nelle nuove generazioni ci sono tanti cuori speciali”.